IL GONDOLIERE CINESE

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(L’immagine di copertina, tratta dal sito di Italia Nostra, è di STEFANO FIORIN)

Il libro, pubblicato alla fine di maggio 2013 da Supernova, Venezia, è stato presentato ufficialmente il 7 giugno 2013 alle ore 18.00 come evento inaugurale della Tre Giorni di Convegni e Mobilitazione “Par Tera e Par Mar”, organizzata dal Comitato No Grandi Navi-Laguna Bene Comune. L’autore ne ha parlato con Tommaso Cacciari e Flavio Cogo.

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Abstract: Fosco Lin e Forcolin dividono una mansarda a Cannaregio, sestiere di Venezia. Fosco Lin è un giovane gondoliere di origine cinese, appassionato di turiste nigeriane. Forcolin, invece, è appassionato di mestieri tradizionali veneziani (stucador, lacador, dorador, terasser…), dichiaratamente bisex, gran chattatore alla perenne ricerca di personalità pittoresche o borderline della Rete. Un giorno sparisce misteriosamente e il suo compagno d’appartamento decide di frugare nel suo computer alla ricerca di eventuali indizi utili al suo ritrovamento. Scopre un’inquietante e protratta corrispondenza con un uomo-cane, “slave” veronese ridotto a “dog” da un “master” con la fissa dell’ animal-play, nel campo del BDSM…]

DEFINITIVISSIMO INFO

La seconda presentazione è avvenuta il 23 giugno 2013 all’Hotel Hungaria del Lido di Venezia, con lo scrittore Alberto Toso Fei e l’attrice Maria Pia Colonnello.

hungaria

2013-06-24 - 004 - Venezia-Lido. Grande Albergo Ausonia & Hungaria

“Ho scritto questo libro – un NOIR ambientalista – con ilpreciso intento di dare un contributo alla causa, anche se solo letterario e quindi nella piena consapevolezza che l’impatto concreto potrà essere vicino allo zero assoluto. Proprio per esprimere la crescente indignazione e il grande senso di scandalo – ovvero di grave turbamento – con cui assisto da anni allo stravolgimento di Venezia e della sua laguna, oltre che allo sperpero di danaro pubblico nei modi più dissennati, ho cercato di ideare una storia capace di imprimere un forte choc in chi la legge, una storia che fosse la più scandalosa e inquietante possibile, da utilizzare come metafora per la condizione in cui appunto versano – e purtroppo non sul piano della fiction – sia Venezia sia la sua laguna e parallelasse le vicende veneziane.”

Vi è un Prologo, in cui il gondoliere cinese – nato a Venezia da genitori cinesi – Fosco Lin racconta in prima persona la storia della propria venezianità e del proprio sodalizio con il compagno di mansarda Alvise Forcolin, cultore di mestieri veneziani tradizionali e “artigiano in Venezia“, come si firma nella lettera al Gazzettino con cui si apre il libro.

Una torbida vicenda centrale in cui il gondoliere Fosco Lin scopre una lunga corrispondenza webbica tra il suo amico Alvise e uno slave veronese ridotto a dog da un master con la fissa dell’animal play nel campo del BDSM (Bondage/Discipline/Sadomasochism).

[Si veda la foto di Joel Gordon al seguente link:

http://c.photoshelter.com/img-get/I00009zz3OTPdiJQ/s/650/650/S-M-Dog-Slave-GOR-21266h.jpg

Probabilmente sarà proprio tale foto a essere utilizzata in eventuali edizioni successive, ma per la prima edizione l’editore ha preferito qualcosa di meno choccante, o meglio, di choccante solo in senso ambientalista, prelevata dal sito veneziano di Italia Nostra e scattata da Stefano Fiorin.]

Un Epilogo: una scena-madre, ambientata nel Giardino Più Misterioso di Venezia, quel giardino di villa Eden a cui sono severamente proibiti ogni accesso o visita.

Inizialmente Il libraio Claudio Moretti della libreria Marcopolo scrisse all’autore:

“Caro Lucio Angelini, non ho ancora letto il tuo libro. Oggi una coppia di turisti aveva visto del tuo libro sul manifesto del programma No Grandi Navi, erano molto incuriositi dal titolo. Io ho preso il libro e mostrandogli l’immagine di copertina gli ho detto: “Vi ricordate la foto di Tienanmen, quella del cinese a piedi che ferma il tank dell’esercito? Qui c’è il gondoliere con la sua gondola che cerca di fermare questa enorme nave.” Il fatto è che fino ad un momento prima della loro domanda non avevo la risposta al perché del tuo titolo, diciamo che è stata una rivelazione. Ma è proprio quello che tu volevi dire con questo titolo?”

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Lucio Angelini gli rispose:

“Bellissima interpretazione la tua, grazie. Ma il gondoliere del mio libro è proprio figlio di cinesi trapiantati a Venezia, ha studiato al Foscarini, parla in venessian, è innamoratissimo di Venezia e ce l’ha a morte con i devastatori della città . Insomma è un sino-veneziano perfettamente integrato, anche se i colleghi gondolieri lo chiamano ‘El Cina’. E’ perfettamente in linea con le recenti dichiarazioni di Laura Boldrin, presidente della Camera: ‘La figura del migrante va rivalutata come la più emblematica della nostra epoca, l’espressione più contemporanea del processo di globalizzazione in corso. Non è il poveraccio che viene da noi ma qualcuno che mette a disposizione la sue esperienza nel Paese dove si trova a risiedere.’ Però l’immagine di copertina ha un po’ quella funzione lì: richiamare Davide e Golia, l’Unknown Soldier (il Rivoltoso Sconosciuto) contro il tank a Tienammen… e chi più ne ha più ne metta.”

Quando Lucio Angelini parlò del giardino Eden nel suo blog

http://lucioangelini.wordpress.com/2010/10/05/il-giardino-piu-misterioso-di-venezia/

intervenne nei commenti lo stesso custode della villa, che Ida Tonini, nella postfazione al libro “A garden in Venice”, aveva definito feroce:

utente anonimo  10 aprile 2011 alle 14:39

Sono il custode del giardino citato nella discussione.Ritengo di non essere cosi’ feroce come descrittomi dalla sig.ra Tonini. Eseguo solo il mio lavoro come stabilito dal contratto in essere con la Fond.ne.

Il custode.  

ALBERTO TOSO FEI:

meraviglioso. tutto questo dialogo è surreale. sono tentato di inserirlo in un prossimo libro… Lucio, sono a tua disposizione per forzare le ferree leggi della violazione di domicilio, sfidando ogni ferocia guardianesca. l’unico problema che intravedo è il litigio tra me e te su chi debba entrare prima o invece fare da staffa al piede dell’altro. 

 Nel testo sono presenti nove inserti che nella fiction corrispondono a 9 post firmati dal blogger Fosco Lin, nella realtà a 9 post tratti dal blog “Cazzeggi Letterari”, dello stesso Angelini.

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L’INCIPIT

Lettera al direttore del Gazzettino di Venezia

Gentile direttore,
se il marchese De Sade fosse un veneziano del nostro tempo, anziché
Justine o le disgrazie della virtù scriverebbe senz’altro Venezia o le disgrazie della virtù. Come Justine, infatti, anche Venezia è bella e virtuosa, ma fatta “zimbello della scelleratezza, bersaglio di tutte le depravazioni, in balia dei gusti più barbari e mostruosi”, costretta agli stupri più inverecondi da parte della cricca di amministratori e speculatori privati che la violano ogni giorno, unicamente interessati al proprio effimero piacere personale (= profitto immediato da ottenersi con cementificazioni, trasformazione della Laguna in porto di mare e via discorrendo). Il progetto della sublagunare da infilare nelle viscere della Laguna, poi, mi fa pensare al passo in cui l’avventuriero Roland, dotato di un membro di dimensioni ipertrofiche, pretende di introdurlo nel delicato posteriore della ragazza “dovessi squarciarti in due per questo”. Se penso che la nostra  generazione ancora vive dei lasciti monumentali e urbanistici delle generazioni precedenti, non posso non inorridire all’idea che quelle future
potranno solo maledirci per aver ucciso per ingordigia la Gallina
dalle Uova d’Oro (se posso passare da De Sade a La Fontaine) anziché
accontentarci di un prezioso piccolo uovo al giorno. Venezia piace ed è celebrata in tutto il mondo per come è, non per come la si vorrebbe trasformare e snaturare. L’unica preoccupazione dei nostri amministratori dovrebbe essere quella di conservarne le caratteristiche e le tradizioni il più a lungo possibile, contrastando l’esodo della popolazione e praticando una seria politica della casa. Al diavolo le opere faraoniche: puntiamo piuttosto sulla manutenzione!”
Alvise Forcolin, Artigiano in Venezia

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Sono nato a Venezia e faccio il gondoliere, ma detesto vogare.
Preferirei di gran lunga sfrecciare in Canal Grande al timone di un
bel turbotaxi abusivo, anziché traghettare straccamente le massaie
dallo stazio di Santa Sofia, qui a Cannaregio, al Mercato del Pesce
sull’altra sponda, ai piedi del Ponte di Rialto.
Ho scherzato.
In realtà amo troppo questa città per volerne aggravare il massacro.
L’onda generata dalle eliche dei motori marini schiaffeggia le rive,
rosicchia gli stinchi delle case e dei sontuosi palazzi, risucchia le
malte delle fondazioni e asporta, colpo dopo colpo, granelli di pietra
e di mattone (si veda Il moto ondoso a Venezia e nella sua laguna
http://www.italianostra-venezia.org). Come ricordano gli amici di
Pax in Aqua, la laguna è “uno specchio d’acqua privilegiato ed
estremamente fragile, nel quale la circolazione di imbarcazioni a
motore dev’essere regolata con grande attenzione, mentre dev’essere
in tutti i modi incoraggiata e protetta la circolazione di natanti a
remi e a vela”.
Il mio cognome è solo apparentemente veneziano, malgrado la desinenza
in “in”. Niente a che vedere con Palazzo Moro Lin, Ca’ Lin e
via discorrendo, o cognomi quali quello del mio venezianissimo
compagno d’appartamento Alvise Forcolin. Trattasi, semplicemente,
di uno dei cognomi cinesi più diffusi in assoluto. Starete intuendo,
di conseguenza, che non discendo affatto da una rispettabile
dinastia di gondolieri dal marchio di origine controllata (un tempo,
a Venezia, la professione veniva trasmessa di padre in figlio), bensì
da un ceppo di migranti cinesi trapiantati in Laguna dopo una serie
di rocamboleschi spostamenti in vari scenari del mondo. Sono un
sino-veneziano di seconda generazione, per dirla tutta, e mi esprimo
sia in italiano, sia in dialetto locale, quest’ultimo ancora abbastanza
usato in città, malgrado le sempre più frequenti contaminazioni
alloctone.
Quando nacqui nel sestiere di Cannaregio, ai miei genitori garbò
l’idea di etichettarmi con un nome di sapore espressamente locale,
che omaggiasse la città dell’avvenuta e ormai definitiva elezione.
Non so quali liste o nomenclature avessero consultato, ma alla fine
la scelta cadde su Foscarino, presto abbreviato in Lino per i tipici
problemi dei cinesi con le liquide (Foscarino, in genere, viene pronunciato
“Foscalìno”, così come nei film o nei cartoni animati tutti i
personaggi di quelle contrade dicono “buongiólno signóle” anziché
“buongiorno signore”). Fuori dalla mia famiglia d’origine, però, è
senz’altro preferita la forma primitiva “Fosco”.
“Fosco Lin, piacere”, dico quando mi presento. Ma se con me c’è anche
Alvise Forcolin, mi affretto a precisare, ridacchiando: “Attenzione
a non confondere Fosco Lin con Forcolìn, perché io sono banalmente
etero, lui dichiaratamente bisex, quindi anche un fià gay.”
Avoler essere pignoli, dovrei presentarmi come Lin Fosco, visto che
in Cina, di norma, il cognome viene indicato prima del nome.
Nessuno direbbe mai Zedong Mao, ma sempre Mao Zedong (quello
che la gente non sa, qui in Italia, è che il cognome è Mao, mica
Zedong). Diverso è il caso di Gatto Miao…
Da adolescente, peraltro, scoprii una cosa buffa: Fosco viene dal
latino fuscus, che all’insaputa dei miei genitori significava, per ironia
della sorte, “di carnagione scura”. Non esattamente il massimo per un bambino giallo…

1 thought on “IL GONDOLIERE CINESE

  1. Scrive MARCO GASPARINETTI su Facebook: “Non conosco Liucci ma conosco Lucio Angelini, e il suo libro è la miglior metafora che si potesse scrivere, sul futuro di questa città. Metafora aspra, certo, a tratti ‘sgradevole’ come può esserlo il suono del fischietto dell’arbitro quando estrae un cartellino giallo, e come tale secondo me va letto: un cartellino giallo con fischio di avvertimento, che andrebbe ascoltato prima di essere ‘espulsi’ da un cartellino rosso”. Una mini-recensione stupenda, convenite?

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